3-11 agosto 2007: Parigi e Londra (GBBF)
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Venerdì 3

Io e la mia ragazza partiamo da Torino P.S. alle 8:11, con un TGV che ci porta a Parigi-Gare de Lyon in poco più di cinque ore e mezza. Raggiungiamo tramite la metropolitana l'albergo (** Villa des Princes, Rue Monsieur le Prince 19, http://www.villa-des-princes.com/) che troviamo un po' minuscolo (imperdibile l'ascensore da 1 persona) ma pulito e comodo. Dato che ci aspettava una sola giornata (a dir tanto) in quel di Parigi, ed essendoci io già stato alcuni anni fa, optiamo per un tour "alla giapponese" ovvero "Parigi in 5 secondi", un po' a piedi un po' tramite metro, osservando alcuni tra i luoghi più famosi della città, rimandando ad un futuro viaggio mirato eventuali approfondimenti. Nell'immagine cliccabile a destra si può osservare l'itinerario che abbiamo percorso (in nero il percorso a piedi, i tragitti in metropolitana sono contraddistinti dal colore di ogni linea). Verso la fine del tragitto, siamo passati dal beer shop Cave à Bulles (45 rue Quincampoix, Tel. +33(0)140290369; caveabulles@gmail.com; aperto dal martedì al sabato 10-14 e 16-20), della cui esistenza ero venuto a sapere tramite Ratebeer, dal momento che la recensione sul ben noto sito ne esaltava la scelta in fatto di prodotti di microbirrifici francesi, in Italia di fatto introvabili. La recensione fortunatamente aveva ragione! Oltre ad alcune immancabili birre belghe (tra le quali delle bottiglie di Cantillon vendute a meno di quanto si trovano in Italia) il beer-shop dispone di qualche centinaio di etichette diverse tutte provenienti da birrifici artigianali francesi. Non conoscendone praticamente nessuna, mi sono fatto consigliare dal simpatico e disponibile proprietario Simon (nonstante il mio stentatissimo "franglese"); un po' secondo i suoi gusti e un po' secondo i miei ("I like houblon!") portandomi via una dozzina di bottiglie. Da ricordare i prezzi più bassi rispetto ai nostri standard (2,50€ 33 Cl, 5€ 75 Cl, indipendentemente dall'etichetta). La visita al beer-shop si è poi protratta chiacchierando con Simon e con due avventori (di cui uno era il birraio del brewpub O'Neil) ai quali abbiamo descritto il viaggio che stavamo intraprendendo e soprattutto parlato della florida situazione della birra artigianale italiana (a loro poco conosciuta così come quella francese a noi), consigliando loro i siti Mondobirra.org e Microbirrifici.org per avere sia un'idea quantitativa che qualitativa delle birre artigianali italiane. Simon d'altro canto mi ha consigliato il sito di Yves Bouguereau, che comunque conoscevo già (è anche tra i links di questo sito). Ho anche mostrato a Simon questo sito, e lui mi ha detto di scrivere che è un sex-symbol :-) Salutati tutti proseguiamo verso l'albergo, io sono molto contento per aver scoperto questo negozio che non conoscevo e che consiglio a chiunque passi da Parigi (è pure in centro, vicino al famoso Centre Pompidou).
Per la serata, ho voluto visitare due brewpub parigini che si trovavano guardacaso molto vicini al nostro albergo: per cena avevo prenotato al sopracitato O'Neil (20 Rue des Canettes; Tel. +33(0)146333666), dove abbiamo mangiato una specie di pizza (fatta con una pasta più sottile, tipo crepes) dal nome impronunciabile, non male; da bere abbiamo provato la "degustation" ossia quattro assaggi da 15 Cl l'uno delle quattro birre attualmente disponibili. La prima bevuta, la Blanche, nonostante qualche problema col lievito al naso e in bocca, si lasciava tuttavia bere; la Blonde, con malto e amaro in evidenza risultava difficile da credere ad alta fermentazione, comunque non era malvagia; la Ambrée ci ha colpiti subito per il pochissimo (!?) odore, poi aveva un gusto corretto di malto "sbruciacchiato" e un finale più amaro e secco. L'ultima, la Brune, presentava un colore bruno scuro e un gusto di malti tostati, senza eccedere in dolcezza. Nell'insieme le birre sono risultate un po' "standard" e non troppo originali, ma comunque abbastanza gradevoli. Il locale era ben curato (tipico stile "pub") e frequentato ma non per questo rumoroso; l'impianto è in bella vista, di fianco all'ingresso.
Per concludere la serata ci siamo spostati al vicinissimo Frog & Princess (9 Rue Princesse, Tel. +33(0)140517738), locale ben più affollato e rumoroso, destinato ad una frequentazione più giovane e poliglotta (forse studenti erasmus?) Abbiamo fortunatamente trovato un tavolo da due verso il fondo del locale, ciononostante eravamo comunque circondati da giovani festanti! Le birre presenti erano sei, ciononostante ci siamo limitati ad assaggiarne solo tre dal momento che erano disponibili solo in formato "pinta" e volevamo tornare in albergo a piedi e non in barella! Oltre a questo ci ha anche leggermente frenati il prezzo, circa 6 euro a pinta. Abbiamo assaggiato la Maison Blanche, una blanche che nonostante un odore strano (di stantio, vecchio) si faceva bere molto facilmente. Più apprezzata la Inseine, spillata a carboazoto, caratterizzata da un aroma di luppoli forte ma non invadente; buona, forse un pochino watery. Per ultima la Dark de Triomphe, anche questa a carboazoto, color mogano e con sentori di "bruciacchiato" più che di tostato vero e proprio e non molto untuosa.
Torniamo in albergo, avrei voluto anche visitare il vicino locale "La Gueuze" ma il tempo e la stanchezza son stati tiranni!


Sabato 4

Dovendo ripartire in treno per Londra alle 14.40, optiamo per una visita all'isola della Cité che il giorno precedente non avevamo potuto vedere. Siamo costretti però a portarci dietro i bagagli dal momento che dovevamo lasciare l'albergo... Passata la mattina sulla bellissima isola, ci dirigiamo verso la Gare du nord; avrei voluto pranzare ad un locale chiamato "Falstaff" (trovato su Ratebeer) che sembrava vicino alla stazione, ma non vedendolo sulla piazza e non volendo trascinarci dietro ulteriormente i bagagli, mangiamo in un bar.
Essendo arrivati con largo anticipo, decidiamo di effettuare subito le operazioni di registrazione necessarie al viaggio sugli Eurostar (il servizio ferroviario che collega Londra a Parigi passando nel tunnel della Manica). Menomale che avevo deciso di andare in treno anche per evitare i controlli troppo rigorosi richiesti in aeroporto! E' praticamente la stessa cosa, i bagagli vengono "scannerizzati", ci controllano i documenti e i doganali britannici ci fanno anche un mezzo interrogatorio, in seguito veniamo chiamati per l'imbarco sul treno... Che formalità! Fortunatamente grazie ad un'offerta ho pagato i biglietti solo 30 euro.
Finalmente partiamo, dopo aver imprecato per uno spazio per i bagagli ridottissimo. Il treno arriva a Londra in due ore e 45 minuti, il viaggio passa abbastanza in fretta, e cambiando fuso orario risparmiamo pure un'ora. Devo dire che il "Chunnel" me lo aspettavo più scenografico, invece inizia e finisce come una qualsiasi galleria, richiedendo 20 minuti per percorrerlo (meno di quanto avessimo impiegato tra Torino e Parigi per percorrere il Frejus, che è lungo un terzo...)
Arriviamo a Londra alla stazione di Waterloo, facciamo un po' di coda (nemmeno tanto ordinata, a dispetto della leggenda della "coda all'inglese") per acquistare l'abbonamento settimanale (ci hanno dato una "Oyster Card": comodissima!) e abbastanza rapidamente tramite la mitica metropolitana arriviamo all'albergo (Rasool Court Hotel, 19 Penywern Road, http://www.rasoolcourthotel.co.uk/), che avevo "casualmente" scelto praticamente di fronte al palazzo delle esposizioni di Earl's Court, ovvero dove si sarebbe tenuto il Great British Beer Festival! L'albergo si trova in una posizione comodissima (vicino alla fermata Earl's Court delle linee District e Piccadilly, permettendo di raggiungere il centro in un quarto d'ora) ed è in una bella e tipica "terrace", ma per quel che abbiamo pagato (£ 60 a notte per una camera doppia) forse ci aspettavamo un po' di più... Non che non ci siamo trovati bene, però la camera, ma soprattutto il bagno, erano un po' tanto "mignon"! Sistemiamo i bagagli e usciamo subito.
foto: www.beerintheevening.com

Avendo intenzione di andare al cinema Odeon in Panton St. (tra Piccadilly e Leicester Sq.), prendiamo la Piccadilly Line e scendiamo a Piccadilly Circus. La prima cosa che vedo di Londra è quindi questa strafamosa piazza, con la fontana di Eros e i luminosi cartelloni pubblicitari, gremita di gente. Passiamo dal cinema a prendere i biglietti (per il film sulla vita di Joe Strummer, qui ho trovato una bella recensione) e siccome avanza un po' di tempo cerchiamo un pub nelle vicinanze per mangiare qualcosa. Finiamo al The Imperial (5, Leicester St., Tel. 020 7437 6573), vicino a Leicester square, è un pub comune, abbastanza frequentato (era anche sabato sera), ci siamo messi al bancone e abbiamo mangiato del tipico "pub grub" (io delle specie di spiedini di pollo con una deliziosa salsina agrodolce) che non era affatto male; c'erano anche quattro handpumps, noi scegliamo la onesta Charles Wells Bombardier e la dolce Jennings Honey Bole, non male ma comunque commerciali. Vediamo dunque il bel film-biografia (peccato per la mia scarsa comprensione dell'inglese..) e torniamo stanchissimi in albergo, prendendo la Piccadilly line alla fermata di Leicester Square, affollatissima come l'omonima piazza.


Domenica 5

Sveglia presto la mattina per il primo giorno interamente londinese. In mattinata passiam da Buckingam Palace, dal bellissimo St. James's park, dalla Westminster Abbey e la vicina House of Parliament (con il famoso Big Ben), per poi attraversare il Tamigi (larghissimo!) sul Westminster bridge, tentare di salire sul London Eye (abbiamo abbandonato per la troppa coda), riattraversare il fiume su una passerella pedonale di fianco al ponte ferroviario di Charing Cross, passare da Trafalgar Square e ritornare nella zona di Leicester Square per fare due passi a China Town. Prendiamo la solita Piccadilly Line e scendiamo alla stazione di King's Cross, dove, dopo essermi fatto fotografare sotto l'insegna del "Platform 9 3/4" (vedi Harry Potter...) prendiamo la Northern line fino ad Angel, per raggiungere il primo dei pub che avevo in programma.
Si tratta dell'Old China Hand (8, Tysoe St., Tel. 020 7278 7678, http://www.oldchinahand.co.uk/), dall'ambientazione non molto particolare ma più che degno di nota per il cibo: il cuoco è originario di Hong Kong dove lavorò in uno dei migliori ristoranti locali, per poi trasferirsi a Londra in quello che sarebbe diventato il primo ristorante cinese "stellato", e in seguito all'Old China. Il menu offre quindi numerosi piatti (Dim Sum, ovvero da tre o quattro pezzi, prendetene ovviamente più di uno) davvero buoni e di qualità. Per quanto riguarda la birra, il pub era in passato il brewpub O'Hanlons (quello famoso per la Port Stout e la nuova Thomas Hardy); dopo che la produzione è stata trasferita nel Devon il pub si è chiamato prima "Mulligans" per poi riacquistare fama con il nome attuale. Sebbene abbia letto che per "continuità storica" sia spesso presente una birra di O'Hanlons, al momento della nostra visita non ce n'erano (era domenica a pranzo, ed eravamo anche gli unici clienti...). C'erano però due handpumps: una con la Sharp's Doom Bar Bitter, più rotonda e (relativamente) dolce; e una con la Saltaire Fuggles Bitter, più caratterizzata dal luppolo Fuggle, e un po' più apprezzata.
Torniamo alla fermata di Angel per riprendere la Northern e andare a Camden Town. Capitiamo proprio di domenica, quando il mercatino locale è affollatissimo. Tra le innumerevoli bancarelle di vestiti (soprattutto in stile "alternativo") e non solo compriamo qualche immancabile souvenir (che turisti!). Il caldo e la folla però sono al limite della sopportabilità e dopo quasi due ore optiamo per andare via; siamo costretti ad andare fino a Mornington Crescent per prendere la metropolitana dal momento che la fermata di Camden Town la domenica resta aperta solo in uscita (non so quanto possa servire!).
Facciamo quindi una fermata sola e scendiamo alla stazione ferroviaria di Euston, dove nelle strutture esterne si trova un altro pub che volevo visitare: il Doric Arch (1 Eversholt St., Tel. 020 7383 3359). Fino a qualche anno fa si chiamava "Head of Steam", poi è stato acquistato dalla birreria Fuller's che ne ha cambiato il nome. L'interno è carino e molto rilassato, e le pareti sono (giustamente, data la vicinanza della stazione) riempite di "reperti" ferroviari (cartelli, stampe, segnali, ecc.) Sono le 16 e ci viene detto che il pub avrebbe chiuso alle 17, al termine del match di Community Shield (l'equivalente della nostra supercoppa italiana) tra Chelsea e Manchester Utd che era trasmesso dalle tv presenti nel pub e seguito dagli avventori. Ci mischiamo ai locali quindi, seguendo la partita che termina con la vittoria del Manchester (per la gioia di gran parte dei presenti, probabilmente di altre zone londinesi piuttosto che Chelsea) grazie a tre rigori parati dalla vecchia conoscenza Van Der Sar (che in Italia era una barzelletta, il che lascia pensare...) Nel frattempo assaggiamo tutte le birre presenti alle handpumps, ossia tre di Fuller's: London Pride, ESB e Discovery, e tre guest ales: Phoenix Arizona, 4,1%, una golden ale maltosa; Cottage Southern Bitter, 3,7%, una buona bitter molto luppolosa, e la Archers Best, una bitter più che onesta ma che non mi ha fatto impazzire. Una particolarità del locale è che alla toilette si accede digitanto un codice su una tastiera sulla porta, codice che va chiesto al personale. Finita la partita il pub chiude e gli avventori se ne vanno rapidamente; così facciamo anche noi che prendiamo la Victoria line, per poi cambiare a Green Park con la Piccadilly e tornare in albergo.
Per la sera avevo prenotato in uno dei pub più rinomati di Londra: il White Horse (1-3 Parsons Green, Tel. 020 7736 2115, http://www.whitehorsesw6.com/), che raggiungiamo con un treno della District line diretto a Wimbledon, scendendo alla fermata di Parsons Green. All'esterno il pub è molto affollato, sembra anche stiano cucinando sotto alla veranda. Anche l'interno è affollato, e impiego dei minuti ad ottenere l'attenzione di un qualsiasi membro del personale. Ci dirottano in una vera e propria sala ristorante separata dal pub, dove ci propongono vari menu fissi (dove per ogni piatto è consigliato un abbinamento con una delle oltre 100 bottiglie (in prevalenza belghe) disponibili) oppure un menu "à la carte". Optiamo per scegliere da quest'ultimo; purtroppo ora non ricordo cosa ho preso (complici i nomi dei piatti un po' criptici) ma comunque la qualità era eccelsa! Visto che in ogni caso ero venuto per le birre, piuttosto che scegliere una bottiglia dalla carta delle birre che ci avevano portato, mi reco al bancone del pub e scelgo tra le handpumps presenti, per poi portarmi le birre al tavolo del ristorante. Prendiamo la Adnams Broadside che personalmente non mi ha fatto impazzire, e una Dark Star HopHead, ottima bitter con luppoli americani. Finito di mangiare (ai ristoranti lasciate sempre un 10-15% di mancia per il servizio) ci trasferiamo al pub: le altre handpumps erano Harvey's Best Bitter (che non ho preso in quanto saremmo nei giorni successivi andati al "Royal Oak", pub proprio della birreria Harvey) e la Thornbridge Jaipur IPA che purtroppo era finita. Ci diamo quindi alle spine, provando la Fuller's London Porter (discreta) e la americana Sierra Nevada Wheat Beer, molto buona ma inquietantemente somigliante alla "sorella" Pale Ale. Il locale a un certo punto vede entrare una bislacca comitiva, comprendente alcune signore in abbigliamento "sado" e nientepopòdimeno che Laurent Mousson (fortunatamente nel consueto abbigliamento da coloniale)! Lasciamo il White Horse, è stata una bella esperienza anche se mi aspettavo di trovare più scelta e almeno una birra belga alla spina (non ce n'erano al momento della nostra visita!)


Lunedì 6

Ci svegliamo un po' meno presto del giorno prima, e prendiamo la District line fino a Blackfriars (nome che in Italia ricorda scandali finanziari e strani "suicidi"...) Passeggiamo fino alla cattedrale di St. Paul, per poi andare verso la Tate Modern Gallery passando sul Millennium Bridge, passerella pedonale che unisce la cattedrale (il passato) con la galleria d'arte moderna (il futuro). La Tate Modern si trova all'interno della ex centrale elettrica di Bankside, realizzata tutta in mattoni, caratterizzata dal camino alto 99m (per non superare la cupola della cattedrale). Fossero così tutte le centrali elettriche! La passeggiata ci porta poi davanti al Globe, il teatro circolare che vide rappresentare le opere di William Shakespeare (in realtà si tratta di una fedele ricostruzione del 1997, in quanto l'edificio originale è andato distrutto nel 1613), per poi attraversare il Southwark Bridge ed entrare nella "City", percorrere Cannon Street fino al "Monument" (la colonna che commemora il grande incendio del 1666, vicina a Pudding Lane dove ebbe origine il fuoco) e King William Street fino alla Bank of England e l'edificio della Royal Exchange (ora centro commerciale "di lusso"). Da qui abbiamo proseguito lungo Threadneedle street, passando tra i più importanti grattacieli della City: la "Tower 42", quello della attuale Stock Exchange e il "30 St. Mary Axe", meglio conosciuto come "Gherkin" ("cetriolino") ma in realtà più simile a una supposta gigante!
Prendiamo poi la Circle line alla stazione di Aldgate e scendiamo a Farringdon, per raggiungere un altro pub tra i miei obiettivi: il Jerusalem Tavern (55 Britton St., Tel. 020 7490 4281). Il pub è di proprietà della birreria St. Peter's (Suffolk), produttore giovane ma parecchio apprezzato. Anche il pub, nonstante l'aspetto molto vissuto, risale agli anni 90. Non ci sono handpumps ma le birre disponibili (solo di St. Peter's) sono spillate dai fusti, o presenti in bottiglia. Dato l'elevato numero (circa una ventina) di birre prodotte è impossibile trovarle tutte; noi abbiamo preso quelle che non avevo mai provato, ovvero in bottiglia la Summer ale abbastanza forte per gli standard inglesi (6,5%) e rinfrescante; la Honey Porter (un po' eccessiva la presenza del miele...) e la Fruit Beer, asprigna e citrica per la presenza del pompelmo; e dal fusto una buona Mild. Putroppo il cuoco era in ferie, e il cibo disponibile era solo "pub grub", ma comunque di ottima fattura, abbiamo preso un buon sandwich con formaggio e pomodoro e un tipico e ottimo "Ploughman's lunch", ossia misto di formaggi, "picalilly" (salsina di sottaceti e senape), verdure, sottaceti, pane e burro (vedi foto). Il clima è rilassato, anche se sembra che di sera il locale diventi molto affollato; insomma è uno tra i migliori pub visitati in questo viaggio!
Usciti dal pub, dopo una visita alla vicina chiesa di St. James a Clerkenwell (dove c'era un bagno: le vie del signore sono infinite!) siamo andati a piedi in un altro pub della zona: il Cittie of Yorke (22 High Holborn, Tel. 020 7242 7670). Il pub è della birreria Samuel Smith, ma più che per la birra è famoso per l'ambiente veramente straordinario: una lunga ed alta navata interamente in legno, con tanto di confessionali, un lungo bancone sormontato da enormi botti, e via dicendo. Le birre disponibili sono solo quelle di Samuel Smith, l'unica Cask Ale è la Bitter, onesta; prendiamo poi alla spina la Stout (a carboazoto), anch'essa discreta, e la Yorkshire Bitter, fresca e maltosa, non esagerata. Particolare che ci ha gradevolmente colpiti è stato il prezzo delle birre, meno di una sterlina alla pinta (!!), quando altrove si aggira tra 2,5-3 pounds. Abbiamo poi preso in bottiglia la Oatmeal Stout, non male, dolcina e gradevole. Erano presenti poi altre spine e altre bottiglie, ma eravamo già provati e abbiamo desistito! Prendiamo quindi la Central line alla adiacente stazione di Chancery Lane, per poi scendere a Marble Arch per visitare Hyde Park, in modo da rilassarci un attimo. Fortunatamente nel parco trovo dei bagni pubblici, nemmeno sporchi (impensabile in Italia, anche perchè bagni pubblici non ne esistono!). Il parco è caratterizzato da ampi prati e dal Serpentine Lake, popolato di volatili e di pedalò! Attraversiamo il parco fino alla zona di Knightsbridge, per un'altra tappa "da turisti" immancabile: Harrods! Il mega-negozio stava però chiudendo così abbiamo visitato praticamente solo il reparto degli animali domestici (per poi perderci nel tentativo di uscire: è un labirinto). Torniamo in albergo per rilassarci un attimo prima della serata, in quanto è stata una giornata decisamente impegnativa!
Per cena ci siamo trovati (come da precedente accordo) con Monica e Davide Bertinotti (più due amici), Nino (dello Sherwood) e Tyrser all'Anglesea Arms (15 Selwood terrace; Tel. 020 7373 7960) nella zona di South Kensington, vicina al nostro albergo (siamo andati a piedi). Come nel caso di altri pub già visitati, anche questo si è dato alla "moda" (fossero tutte così le mode!) dei "Gastro-Pub", ossia ha affiancato al pub vero e proprio una attività più vicina alla ristorazione. Io ho preso una buona salsiccia con "mashed potato" e non ricordo quale condimento, e un tipico "apple crumble" di dolce. Come cask ales abbiamo provato la Hogs Back Bitter (HBB), che però non ci ha convinti particolarmente; più convincente la classica Adnams Bitter, mentre ho trovato un po' sotto le aspettative la Brakspear Special ma comunque buona. Abbiamo poi preso una pinta della classicissima Fuller's London Pride, buona e non particolarmente amara. Passata gradevolmente la serata con la combriccola italiana, torniamo insieme in albergo dato che anche il loro (guardacaso) si trovava in zona Earl's Court; ci si dà appuntamento per il giorno successivo, quando sarebbe finalmente iniziato il GBBF!


Martedì 7

Sveglia ancora un po' meno presto del giorno prima, per andare, tramite la Jubilee line, a visitare la zona di Canary Wharf, nei "docks", ossia la vecchia zona dei bacini portuali ora trasformata in moderno centro finanziario. Vediamo in particolare la zona attorno a Canada Square (nella "isola dei cani"), piazza sulla quale si affacciano i tre grattacieli più alti di Londra. Tutta la zona è estremamente recente e costituita praticamente solo da alti edifici di vetro e acciaio; questo, oltre al fatto che fosse quasi deserta, le conferisce un aspetto un po' inquietante. Merita comunque la visita, in quanto sta sostituendosi alla "City" come centro economico della città, e comunque è una zona gradevole con spazi verdi, continui canali e specchi d'acqua. Da lì prendiamo poi la Docklands Light Railway (DLR) (una specie di metropolitana sopraelevata molto scenografica) per raggiungere l'altra sponda del Tamigi e il parco di Greenwich.
Il parco è enorme, molto bello e curato; al suo interno vi trovano rifugio numerosi animali (abbiamo visto innumerevoli scoiattoli e anche una volpe, oltre a volatili più comuni) ma al suo interno si trova anche il famoso Royal Observatory, quello del "meridiano di Greenwich". All'interno è stato allestito un museo sulla misurazione del tempo e sull'utilizzo di latitudine e longitudine nella navigazione, oltre che sull'osservazione del cielo. Durante la visita, si può soffermarsi lungo la famosa linea rossa che segna il meridiano zero e farsi fotografare con una gamba nell'emisfero est e l'altra nell'emisfero ovest... Tutta la visita è gratuita ma è consigliata un'offerta (3-5 sterline). Alla fine della visita si passa dall'immancabile negozio di souvenir, dove sono vendute anche delle birre del buon birrificio Meantime, che producendo in Greenwich deve il suo nome proprio al "Greenwich Mean Time"! Lasciamo il parco e riattraversiamo il Tamigi tramite il Greenwich Foot Tunnel (interessante ma inquietante e freddissimo!) per poi riprendere la DLR a Island Gardens, scendere a Heron Quays per riprendere la Jubilee a Canary Wharf e scendere a London Bridge.
Qui ci dirigiamo verso quello che si sarebbe rivelato il migliore pub incontrato: il Market Porter (9 Stoney Street; Tel. 020 7407 2495), dove avevo prenotato per pranzo. Il pub si trova di fronte al noto Borough Market: quando quest'ultimo è aperto il pub diventa estremamente affollato! Anche qui vi è una sala ristorante separata, al piano superiore, molto tranquilla e ben curata. La cucina è di buon livello e non particolarmente costosa, ho preso del pollo con salsa allo stilton più mashed potatoes e verdure varie, molto buono! Ma il vero punto di forza di questo locale sono le birre: sono infatti presenti una decina di handpumps con altrettante cask ale a rotazione (è possibile anche che ne cambino parecchie nello stesso giorno!). Al piano ristorante è presente solo la Harvey's Best Bitter, ma scendendo al pub si può accedere alla scelta completa. Abbiamo preso: Hampshire Thunderbolt, buona bitter più maltosa, Phoenix Sticky Wicket, ottima bitter, più amara, Clark's First Whistle, una buona golden ale, O'Hanlons Goldblade, un po' citrica, non male, Arran Sunset, una buona bitter, e la Beowulf Beorma, bilanciata tra dolce e amaro. C'erano altre tre cask ale (Bushy's Oyster Stout e Pure Gold; Nethergate Hogwash) e tre Meantime alla spina, che non abbiamo preso. Insomma, una vastissima scelta e di ottima qualità! Lasciamo il Market Porter con la promessa di ritornarci, e andiamo a piedi verso la zona del Tower Bridge. Passiamo dalla moderna area "More London", con la nuova bizzarra City Hall, e raggiungiamo quello che probabilmente è il più famoso "simbolo" di Londra, il Tower Bridge. Giriamo attorno alla enorme Tower of London (me l'immaginavo molto diversa), senza tuttavia entrare; prendiamo la District line a Tower Hill e torniamo a Earl's Court: ci aspetta il GBBF!
Appena entrati al festival mi fiondo al bar di Bières Sans Frontières con un obbiettivo: la Framboos di Drie Fonteinen, che pare non verrà più fatta per l'alto costo dei lamponi (?) Ne prendo due bottiglie (venendo tra l'altro servito da un ragazzo italiano) portando a termine quindi la missione. Iniziamo quindi a bere! Prendiamo i bicchieri dell'evento (£3, su cauzione) e partiamo proprio da BSF, dal settore americano. La prima birra che ho voluto assaggiare è stata la Brooklyn Chocolate Stout (in bottiglia), decisamente soddisfacente. Proviamo poi un buon numero di IPA americane (praticamente gli USA avevano portato solo IPA!), tra le quali la allucinante Stone Ruination IPA (resinosissima, sembrava di mangiare luppolo fresco, ma anche dolce per bilanciare) e altre, comunque di buon livello; per la prima volta in vita mia però ho dovuto pronunciare le parole "troppo" e "luppolo" vicine! Proviamo anche la Opa Opa King Oak Milk Stout, che mi è piaciuta ma non faccio molto testo non conoscendo per nulla lo stile. Lasciamo BSF iniziando a dedicarci alle birre britanniche partendo dall'adiacente "Bar Viscount" ovvero il bancone con birre "biologiche", tra quelle assaggiate una Lagonda IPA ha fatto una discreta figura. Il festival è abbastanza affollato nonostante sia solo il primo giorno, il visitatore tipico è il signore di mezza (ma anche... tre quarti) età che magari dopo il lavoro è passato di qui ad assaggiare qualcosa! I giovani sono relativamente pochi, a dimostrazione che qui la birra ha un ruolo sociale ben diverso da quello che viene stereotipato in Italia. Il discorso naturalmente vale anche per tutti i pub fin qui visitati e che avremmo visitato nei giorni successivi: se non eravamo i più giovani era perchè c'erano famigliole coi bimbi piccoli!
Sono quasi le 20, lasciamo il festival per raggiungere un altro pub in programma: The Dove (19 Upper Mall; Tel. 020 8748 9474), che si raggiunge dalla fermata Ravenscourt Park della District line. Il piccolo pub è situato sulla passeggiata lungo il Tamigi, e il dehors si affaccia sul fiume. Ordiniamo da mangiare in fretta perchè la cucina, come in gran parte dei locali di Londra, chiude alle 21 (abbastanza scomodo), non ricordo con precisione cosa abbia preso, comunque "pub grub" di buona fattura. Anche questo pub è di proprietà di Fuller's, di cui proviamo le birre non ancora assaggiate: la Chiswick (dal "cask"), una bitter abbastanza normale, e dal "keg" la Honey Dew, che non ci entusiasma particolarmente, dal momento che le caratteristiche predominanti, molto più del miele, sono un po' di metallico e un'evidente pastorizzazione... La giornata è stata abbastanza pesante e si torna al mini-albergo.


Mercoledì 8

Ci svegliamo un po' più tardi del solito, abbstanza provati dalla giornata precedente. Per prima cosa raggiungiamo Hammersmith, per andare a vedere lo storico Hammersmith Palais (aperto nel 1919, prima sala da ballo, poi club per concerti rock che ha visto passare tutti gli anni 70 e 80, e mitizzato dai Clash con la canzone "White man in hammersmith palais") che purtroppo ha i giorni contati, dal momento che ne è imminente la demolizione per far spazio a un complesso di uffici, cancellando un pezzo di storia del rock. Abbiamo trovato l'ingresso, situato su Sheperd's Bush, già "impacchettato", e all'interno fremevano già i lavori di demolizione :( Siamo allora entrati nella stazione di Hammersmith della linea Hammersmith & City, la quale si affaccia sul retro dell'edificio, il quale conserva ancora la scritta originale di quando la struttura era una sala da ballo. La sensazione era strana, sia per il fatto di trovarsi di fronte a un tempio del rock anni 70-80, sia per il pensiero che sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto l'edificio, pensiero che a me (che sono un osteggiatore delle volgari demolizioni, amando piuttosto un'ottica di recupero che integri passato e futuro) turba particolarmente. Ci lasciamo la malinconia alle spalle prendendo un treno fino a Baker Street, per raggiungere la zona di Regent's Park, con l'eventualità di visitare il famoso museo delle cere "Madame Tussaud's". Arrivati davanti al sopracitato museo ci spaventiamo di fronte ad una coda kilometrica e a dei prezzi d'ingresso da follia (più di 20 sterline!!!); optiamo di dirigerci verso il vicino, tranquillo e gratuito Regent's Park. Il parco alterna prati verdi (non ampi come quelli di Hyde park) a incredibili giardini all'inglese, curati in maniera maniacale (c'erano dei giardinieri che rifilavano i fili d'erba lungo i bordi dei prati con delle forbici!!!!), cosa che per noi abituati alle sterpaglie dei (pochi) parchi italiani ha molto colpito. Passiamo dai meravigliosi Queen Mary's Gardens (all'interno dell'Inner Circle), una vera perla tra flora e fauna. Unico difetto del parco, l'assoluta mancanza di fontanelle che, complici i prezzi esorbitanti dell'acqua in bottiglia, ci ha costretti a patire la sete. Passiamo quindi gran parte della mattina nel parco, per poi tornare a Baker Street e, cambiando linea a Edgware Road (tra l'altro una delle stazioni colpite dalle bombe del 2005) torniamo a Earl's Court, per dirigerci direttamente al GBBF!
Arrivando all'una e mezza il festival non è affollato come nel tardo pomeriggio del giorno precedente, e riusciamo con calma (senza tuttavia riuscire a sederci, utopia) a mangiare (delle tipiche cornish pastry) e a partire con il tour di assaggi (Consiglio: chiedete sempre un terzo di pinta! Sarà disonorevole, ma costa sensibilmente meno della mezza pinta e spessissimo la dose servita sarà molto abbondante, sfiorando nella maggior parte dei casi la mezza! Inoltre è l'unico modo per sopravvivere se si vuole provare un cospicuo numero di Real Ale differenti...) Mi tolgo un paio di sfizi continentali anzi teutonici provando la Uerige Alt e la Schlenkerla Lager, per tornare in tema real ale hanno suscitato buona impressione la McMullen Cask Ale, la Simpson & Simpson Captain Oates (c'era scritto mild, ma era ben più tostata e dolce! comunque buona!), la Rooster YPA (Yorkshire Pale Ale), IPA in buona forma. Proprio mentre stavo bevendo quest'ultima incontro un Nino affrettatissimo (sarebbe dovuto partire di lì a un'ora, dall'aeroporto di Stansted!!) che mi spiega dove sono seduti Monica, Davide, Tyrser e soci. Li raggiungiamo (è arrivato anche Stefano Ricci) sfruttando il tavolo che avevano non so come guadagnato. Monica mi suggerisce di provare una birra che in effetti è risultata probabilmente la migliore di quelle assaggiate: la scozzese Kelburn Cart Blanche, propendente all'IPA con profumi eccellenti e molto equilibrata! Proviamo altre birre al bar della Scozia senza restare troppo soddisfatti, dopodichè prendiamo atto dei risultati della votazione "champion beer of Britain" e andiamo a caccia delle meglio classificate. Una mezza delusione! La prima assoluta, la Hobson Mild non è certamente cattiva, ma quella che ho assaggiato non era troppo in forma, ben meglio la Rudgate Ruby Mild suggeritami sempre da Monica. Degna di nota invece, tra le vincitrici, la Castle Rock Harvest Pale, medaglia d'oro tra le bitter. Qualcuno mi fa anche assaggiare la Best Bitter di White Dog, unico birrificio italiano presente... La birra probabilmente ha patito un po' il viaggio, onore comunque a Steve che si è fatto il mazzo in maniera del tutto autonoma. Nel frattempo prendiamo accordi con la combriccola italiana per andare a cena a un ristorante giapponese in zona Piccadilly Circus; torniamo quindi in albergo per un paio d'ore di sonno in modo da "resettare" le fatiche del pomeriggio.
Ci troviamo quindi alla stazione di Earl's Court dalla quale tramite la Piccadilly Line raggiungiamo Piccadilly Circus; lì incontriamo Stefano e entriamo nel ristorante giapponese (tra l'altro prima esperienza del genere per me). Tra battute varie su supplementi extra, vendette sanguinose del personale nei nostri confronti, e differenze culturali varie (non dimentichiamo la versione giapponese della bagna cauda) la serata passa gradevolmente, io prendo un piattone di sushi vario facendo fatica a finirlo per l'abbondanza (ottimo però). Lasciato il ristorante, torniamo tutti insieme (a parte Stefano che alloggiava altrove) a Earl's Court e ci diamo appuntamento per la giornata successiva.


Giovedì 9

Svegliandoci non prestissimo (la stanchezza inizia a farsi sentire...) raggiungiamo il mercato di Covent Garden grazie alla solita Piccadilly Line. Fortunatamente il mercato non è per niente affollato (complice anche l'ora relativamente mattutina) e riusciamo a girare con tranquillità tra i vari banchetti e negozi. Tra i vari souvenir compro un pezzetto di Vanilla Fudge e qualche caramella "Butterscotch" (visto che la si cita sempre quando c'è di mezzo il diacetile..!) Così come a Camden Town, anche qui la stazione funziona solo in uscita (provvedimento del tutto inutile, dato che come detto il mercato non era particolarmente affollato) e raggiungiamo la fortunatamente vicina stazione di Leicester Square, per tornare a Earl's Court e dedicarci alla seconda giornata "seria" di GBBF!
Raggiungiamo subito gli italiani (avvistati nel frattempo anche Biffero e soci), sfruttando ancora una volta il tavolo da loro occupato. Data la presenza di un bar dedicato anche a sidro e perry, decido di provarne qualcuno: tra l'altro venivano liberamente forniti anche degli "assaggi"... Mi limito solo a due sidri e tre perry, senza comunque trovarne nessuno da far gridare al miracolo. Senza un motivo preciso ripasso da Bière Sans Frontieres e provo la ottima St. Rogue Red, che nei giorni precedenti non s'era vista, una gran birra con un grande equilibrio, per questo forse la più soddisfacente tra quelle americane assaggiate... Assaggio anche la ottima Thornbridge Jaipur IPA (che al White Horse avevo trovato finita). Stufo di trovare birre "così così", o con qualche problema (innumerevoli puzze di zolfo...) chiedo consiglio, e vengo dirottato di nuovo al bar scozzese (uno dei migliori!) per assaggiare la ottima (nonostante la pump-clip colore rosa) Tryst Carronade IPA. Tra le decine (!) di real ale assaggiate nel corso del pomeriggio, elenco quelle che i miei appunti hanno designato più che sufficientemente meritevoli: Abbeydale Black Mass (nera, corposa, con 6,66 gradi :p ); Whitstable Oyster Stout, Cheddar Potholer (golden ale della quale ho rubato un assaggio a Monica); Oakleaf Hole Hearted; Twickenham Crane Sundancer; Bushy's Oyster Stout (meglio l'altra oyster però!). Concludo degnamente il pomeriggio con un altro assaggio della già osannata Kelburn Cart Blanche, sempre in grandissima forma. Ritorniamo in albergo per il consueto riposo post-festival, sbagliando forse i tempi: un'ora non basta a riprendersi da 28 birre! (per quanto terzi di pinta).
Usciamo comunque per raggiungere un altro dei pub che avevo in programma: il Royal Oak (44 Tabard Street; tel. 020 7357 7173), nei pressi della stazione di Borough (Northern Line), anche se siamo scesi alla più comoda (per noi) stazione di London Bridge. Il pub è l'unico a Londra di proprietà della birreria Harvey (Sussex). Nonostante avessi letto della possibilità di prenotare per cena, telefonicamente mi hanno detto che non accettavano prenotazioni (?), pertanto abbiamo mangiato all'angolo di bancone che abbiamo trovato libero. Ho chiesto se fosse possibile mangiare al ristorante al piano di sopra (così come avevo letto), ma non ho ben capito il motivo della risposta negativa. Il cibo comunque era buono, un po' più elaborato rispetto alle altre portate "da pub" (e con tanta cipolla e tanto aglio! perlomeno quello che abbiamo preso noi). La scelta di real ale, seppure limitata a quanto prodotto da Harvey, è comunque di almeno quattro birre differenti. Noi abbiamo finalmente provato la Harvey Sussex Best Bitter, buona; la Pale, buona anch'essa; la Mild, buona ma non estremamente convincente; la stagionale Olympia Golden Ale (niente male) e la Armada, abbastanza inusuale ma non male. Il pub è tranquillo e gradevole, ci è pure venuto il sospetto che uno dei camerieri fosse italiano.. noi abbiamo fatto finta di niente!
Lasciamo il Royal Oak, col un po' di rammarico per non essere riusciti a mangiare al ristorante; e raggiungiamo un altro pub vicinissimo: il George Inn (77 Borough High Street). Il pub è molto famoso, più che per la birra per la struttura, a galleria allungata come gli antichi locali per il cambio di cavalli. Sembra risalire al 1676 ma il tutto probabilmente esisteva già da prima, tantochè sembra che, ai suoi tempi, furono messe in scena opere dello stesso William Shakespeare. La quantità di gente presente è proporzionale alla sua fama (basti pensare che ci sono i cartelli stradali che lo indicano, e che è pure presente su Wikipedia!); le birre presenti sono quelle del "grosso" Greene King: niente di entusiasmante quindi, ma ho provato la onesta (ma... cara!) George Ale prodotta appositamente per il locale.
Con estrema fatica torniamo in albergo, la giornata è stata probabilmente la più "devastante", questo unito alla fatica che, dopo una settimana di vacanza (fossero queste le fatiche della vita!!!) iniziava a farsi sentire. Come se non bastasse sbagliamo linea della metropolitana (la Circle e la District passano sullo stesso binario!) finendo ad High St. Kensington (niente di grave, abbiamo fatto solo una fermata e un cambio in più).


Venerdì 10

E' venerdì: è quindi il giorno giusto per andare a visitare il noto Borough Market (www.boroughmarket.org.uk/) nella già abbondantemente battuta zona di Soutwark. Dato però che questo apre alle 12 (invero scomodo, per un mercato) passiamo la mattina al Battersea Park, sulla riva meridionale del Tamigi, dall'altra parte rispetto a Chelsea. Raggiungiamo Sloane Square con la District line, da qui per arrivare al parco prendiamo un "double-decker" (non avrei mai potuto perdere l'esperienza!) stando ovviamente al piano superiore. Passeggiamo per il parco, meno spettacolare degli altri visitati (non fa parte dei "Royal Parks") ma comunque gradevole, soprattutto per il fatto di esere lungo il fiume. All'interno tra l'altro sono presenti anche impianti sportivi e un piccolo zoo per i più piccoli; oltre alla caratteristica "Peace Pagoda": sembra sia abitata da un vero monaco buddista, il quale si dice sopravviva con il cibo e le offerte donategli dai passanti più generosi. Altro punto d'interesse nei dintorni del parco è la famosa Battersea Power Station, una ex centrale elettrica costruita negli anni 30, celebre anche per essere ritratta sulla copertina dell'album dei Pink Floyd "Animals". Non c'erano maiali volanti però...
Torniamo, ancora tramite double-decker, a Sloane Square, dove carichiamo sulle nostre Oyster Card l'abbonamento giornaliero per il giorno successivo (in quanto non era coperto dal settimanale fatto in precedenza), dopodichè raggiungiamo il market tramite la solita stazione di London Bridge. Siccome non sono ancora le 12, cogliamo l'occasione per tornare al Market Porter! Stavolta pranziamo al pub (sia per fare più in fretta, sia per provare anche quest'esperienza) e prendiamo un ottimo piatto di tagliatelle ai funghi (davvero buono! Alla faccia di chi dice che in Inghilterra si mangia male!) ed un altrettanto buono sandwich con dentro un sacco di cose. Ma non siamo venuti (solo) per il cibo: le 10 handpumps del Market Porter sono un richiamo irresistibile, soprattutto per la frequenza con la quale cambiano! Proviamo la Milestone Deliverance, la W.J. King Summer Ale, la Milestone Lion's Pride e la Titanic Mild: buona, forse un po' troppo luppolata per lo stile! Erano presenti anche: W.J. King Bandit; Hydes Owd Oak dark; Yorkshire Moors; Cranefly; Twickenham Gothic Dark; oltre ad un "real Cider" del quale non ricordo il nome. Insomma, si conferma senza dubbio il pub migliore incontrato!
Nel frattempo ha aperto il Borough Market, che si rivela molto interessante (c'è anche la possibilità di mangiare in loco, in quanto si tratta di un mercato di alimentari), anche se parecchio affollato (e non sono riuscito a trovare dei formaggi inglesi da portare a casa!) Il "negozio" che però ci interessa maggiormente è Utobeer: trattasi del beer-shop londinese più fornito al momento: la scelta è abbastanza ampia sia sul versante belga (con parecchie etichette poco conosciute di birrerie più conosciute) che ovviamente su quello britannico, con parecchie bottiglie di micro inglesi. Presente anche qualcosa di americano: alla fine mi porto via solo 7-8 bottiglie, a causa della mia valigia già stracolma... Intanto mi faccio indicare dal personale dove sia il pub The Rake, gestito dagli stessi di Utobeer.
Torniamo in albergo per depositare gli acquisti, e ci lanciamo in quello che sarebbe stato l'ultimo pomeriggio di GBBF. E' venerdi': il tutto è decisamente affollato, diventa fin difficile avvicinarsi ai bar, per non parlare del prendere da bere... Questo, complice l'assenza della compagine italiana, ci porta a restare poco più di un'ora. Proviamo un po' di birre trovandone qualcuna degna di nota: la Saltaire Cascade; Wear Valley Morning After Stout; Nethergate IPA; Tomos Watkin's Cwrw Haf (forse l'unica gallese a posto: parecchie altre... puzzavano!); St Austell Proper Job; Kelburn Goldihops (sorella minore della venerata Cart Blanche, decisamente ben riuscita). Tanto per cambiare, concludo il mio GBBF con l'ennesima Cart Blanche; dopodichè lasciamo per l'ultima volta il palazzo delle esposizioni di Earl's Court. Il giudizio complessivo sul festival non può che essere buono (anche se manco di termini di paragone), un po' tantine però le birre "non a posto", altrettante quelle non pervenute (pare ci sia stato un poco opportuno furto di cask prima della manifestazione... Non guardate me eh) o quelle finite dopo 1-2 giorni di festival (in particolare quelle di BSF, polverizzate). In ogni caso un'organizzazione eccellente, e dei visitatori molto disciplinati (non credo che in Italia tutto sarebbe filato così liscio). Se devo dare dei consigli: fate l'abbonamento e prenotatelo in anticipo via internet (se siete soci UnionBirrai potrete risparmiare col member ticket); prendete sempre terzi di pinta (come già spiegato); andate subito al banco informazioni CAMRA: se siete soci (anche UB) potrete ritirare gratuitamente la guida dell'evento, con la mappa e l'elenco di tutte le birre presenti (sennò, vabbè, costa £1), e già che ci siete approfittatene per fare incetta di libri e guide varie (sempre sconto soci per associati UB). Cercatevi qualcuno che abbia un tavolo ;-) o non abbiate timore a occupare sedie libere di un tavolo già occupato, è comunque abitudine britannica, è così anche nei pub! E poi... andate i primi giorni, già il venerdì è invivibile, non oso immaginare il sabato; oltre al fatto che come detto gran parte delle birre non raggiungono il week-end. Non sperate (non provateci!) di assaggiare tutte le oltre 450 birre presenti: noi, in due, ci siamo fermati a 65, in quattro diversi giorni di festival.
Torniamo dunque in albergo, combinando il solito riposo post-festival con le dure operazioni di rifacimento bagagli... Forse per questo usciamo un po' più tardi del solito: destinazione, ancora una volta, Southwark! Primo obiettivo della serata è il The Rake (14, Winchester Walk), che si trova all'estremità settentrionale del Borough Market. Come già detto è gestito dalle stesse persone di Utobeer; è abbastanza noto tra i birrofili dal momento che dispone di una vasta scelta di bottiglie (non solo inglesi) e che spesso mette alla spina chicche imperdibili (su tutte la Thomas Hardy). La scelta di real ale è limitata a due handpumps, noi abbiamo preso una buona golden ale, la Earl Soham Brandeston Gold; la "chicca" alla spina al momento della nostra visita era la... Rosé de Gambrinus!! Non posso non approfittarne, dando luogo ad un'altra scena divertente: alla mia richiesta, una delle due "appariscenti" bariste mi avverte: "It's very sour!"; la mia risposta è spontanea: "I KNOW!" con tanto di sorrisetto. La pecca principale del locale è che non c'è cibo, e noi che eravamo passati di lì con la speranza di mangiare ci siamo dovuti accontentare di una latta di patatine! Altra caratteristica del locale è il fatto di essere piuttosto angusto, e ci siamo dovuti sedere sul gradino del marciapiede come due squallidi ubriaconi (bevendo real ale e lambic!) dato che anche il bancone era impraticabile. Lasciamo il comunque interessante The Rake e torniamo per la terza volta al mitico Market Porter, nella speranza di mangiare finalmente qualcosa. Errore! Southwark e Borough in particolare sono all'apice del successo, e il pub non ne è risparmiato: avventori ovunque, dentro ma soprattutto fuori dal locale ci fanno capire che sarà dura mettere qualcosa sotto i denti.
foto: www.london-se1.co.uk
Tentiamo allora con il vicino Wheatsheaf (6, Stoney Street; Tel. 020 7407 7242). Si tratta di un pub discreto e abbastanza tranquillo, della birreria Young's (tra l'altro a Londra nemmeno così comune come dovrebbe essere, perlomeno in confronto con l'onnipresente Fuller's); purtroppo abbiamo ormai superato la deadline delle 21 e quindi niente cibo :( Mi prendo una mezza pinta di Young's Bitter, discreta.
Ma in ogni caso non posso mancare la terza visita al Market Porter: sfidiamo la folla (trovando addirittura un tavolo con alcuni posti liberi all'interno!) e mettiamo una pezza alla fame con svariati sacchetti di patatine... Nel frattempo assaggiamo: Jenning's Dark Mild; Brewer's Choice Singing Brewer; Ventnor Brewery Hooray Henry, senza riuscire ad andare oltre (9 handpumps erano comunque cambiate rispetto a mezzogiorno...) Purtroppo ci tocca lasciare per l'ultima volta il locale, ma con la sicura promessa di tornarci alla prossima visita a Londra! Torniamo in albergo stanchissimi, ma senza sbagliare linea.


Sabato 11

Siamo giunti purtroppo al giorno della partenza... Prepariamo i bagagli e liberiamo la camera, ma abbiamo ancora il mattino libero dal momento che il treno partiva alle 14.40. Pensiamo quindi di andare al famoso mercato di Portobello Road: lasciamo i bagagli in albergo e raggiungiamo il mercato scendendo alla stazione di Ladbroke Grove della Hammersmith & City (dopo aver cambiato ad Hammersmith). A dir la verita', il mercato non era nel "programma" prima della partenza, e non sapevo nemmeno in che zona di Londra si trovasse; l'idea ci è venuta mercoledì mattina, quando (andando verso Regent's Park) passando dalla stazione di Ladbroke Grove vediamo che sotto al nome vi è scritto "For Portobello Road". La famosa strada difatti è molto vicina, e pare che i commercianti del mercato stiano insistendo per far rinominare la stazione in modo da avere più visibilità; per ora sono riusciti ad ottenere quella scritta. Scesi dal treno consultiamo in stazione una delle mappe dei dintorni (presenti in tutte le stazioni, anche in formato tascabile da asporto, mai trovate finite... che bello) e raggiungiamo quindi con facilità il mercato. Il sabato mattina è il momento più importante, e oltre ai banchi di alimentari sono presenti anche numerosi banchi di vestiti e oggetti vari (verso nord) e di antichità (verso sud). Fortunatamente non è estremamente affollato; facciamo un po' di acquisti (tra i quali una specie di panino-pizzetta) e torniamo alla fermata.
Cambiamo ad Hammersmith, prendendo la Piccadilly line (e salutando, per l'ultima volta davvero, l'Hammersmith Palais) per raggiungere l'ultimo dei pub che avevo in programma: il Nag's Head (53 Kinnerton Street; Tel. 020 7235 1135), raggiungibile dalle stazioni di Knightsbridge o Hyde Park Corner. Nonostante si trovi in una zona piuttosto elegante e frequentata (cinque minuti a piedi da Harrod's, altrettanti da Hyde Park), il pub è situato in una stradina a fondo cieco estremamente tranquilla e davvero "caratteristica", oltre che molto gradevole. Tutti questi aggettivi si possono benissimo applicare al pub stesso: sembra che al suo interno il tempo si sia fermato: niente tv, musica retrò, antiche "macchinette" a monetine, quadri, foto, disegni, cimeli vari (compresi degli elmi militari); i pochi clienti sono persone anziane del posto, che trascorrono il mattino leggendo il giornale e bevendo qualcosa. Un'altra peculiarità è il bancone, che sembra sia il più basso della città. Dietro ad esso vi sono solo cask ale di Adnams (il pub è controllato da questo produttore): prendiamo la già provata Bitter e la Regatta, abbastanza strana, lievitosa, frumentosa (?) e fruttata, difficilmente inquadrabile, comunque gradevole. Abbiamo fame ma non troppa, sono disponibili dei sandwich ma, memori delle proporzioni britanniche, non essendo eccessivamente affamati (anche per il panino-pizzetta di prima) ripieghiamo (ancora una volta) su delle patatine. Purtroppo è ora di andare e dobbiamo lasciare il pub; ritorniamo in albergo e prendiamo i bagagli.
Il viaggio dall'albergo alla stazione di Waterloo è una sofferenza: il mio trolley è esageratamente carico, e le piccole rotelline non paiono intenzionate a sopportare il tutto: devo continuare a fermarmi per far raffreddare l'insufficiente assale metallico che le tiene insieme, dal momento che viene sottoposto ad esagerati sforzi, sviluppando un attrito pauroso che ne porta la temperatura a livelli incredibili (memore anche di quanto successo a Seba a Bruxelles, vedi report del viaggio in Belgio); tutto questo unito a un peso di circa 50 kg... A fatica e molto lentamente (fortunatamente nel 99% dei casi c'erano scale mobili od ascensori) raggiugiamo la stazione: anche qui le procedure di imbarco sono estremamente pedanti, non veniamo sottoposti ad interrogatorio dalla polizia francese ma un impiegato (inglese) troppo zelante mi costringe a svuotare TUTTO lo zaino (fortunatamente non il trolley, ma era estremamente pieno anch'esso): il problema maggiore nel fargli capire che quella cosa arancione molliccia era fudge, e non esplosivo al plastico come egli pensava; dopodichè estrae una sonda anale con la quale perlustra il mio zaino raccogliendo campioni di non so cosa che esamina seduta stante tramite spettrografo di massa (!) per poi deliberare che sono solo un alcolizzato e non un terrorista/spacciatore, e lasciarmi con TUTTO lo zaino da riempire. Che pedanteria!
Riusciamo finalmente ad imbarcarci, fortunatamente trovo uno spazio per la valigia negli spazi comuni perchè quelli sopra ai sedili sono molto ristretti. Lasciamo quindi l'Inghilterra :( guardando malinconicamente dal finestrino le lunghe terraces di casette di mattoni... Raggiungiamo Parigi nei tempi previsti, ma ci aspetta un'impresa titanica: trasferirci dalla stazione Nord a quella di Bercy, dalla quale partono i treni notte per l'Italia. A Parigi scale mobili e/o ascensori sono un sogno (a differenza che in Italia dove ci sono ma sono tutti perennemente guasti): il trasferimento è quindi traumatico, dobbiamo anche cambiare linea della metropolitana alla incasinatissima stazione di Chatelet. Fortunatamente abbiamo due ore di tempo e possiamo prendercela con tranquillità. Finalmente arriviamo a Bercy (dove tra l'altro la stazione della metro non è interna a quella dei treni...), dove incontriamo l'unico ascensore e l'unica scala mobile di Parigi. Siamo comunque in anticipo di quasi un'ora: vado alla ricerca quindi di qualcosa da mangiare (sono quasi le 20) trovando una pizzeria anche da asporto nei paraggi (buona la pizza, un po' cara ma siamo a Parigi). Arriva il treno, ovviamente siamo nella prima carrozza e devo sottoporre il mio trolley ad un altro viaggio, utilizzo però uno dei carrelli portabagagli (bisogna metterci una moneta da 1 euro, come al supermercato). Fortunatamente i nostri compagni di cuccetta sono simpatici e umani (una giovane coppia francese che andava in vacanza a Venezia), il viaggio quindi non presenta problemi (salvo la rumorosità e la sporcizia del treno, ovviamente materiale FS). Ci addormentiamo verso le 23, nei dintorni di Digione.


Domenica 12

Dal momento che era previsto l'arrivo per le 5.45 a Milano, punto la sveglia alle 5.30. Mi alzo in tutta fretta, raccolgo i bagagli, mi preparo, alzo la tendina e vedo un bellissimo panorama: le isole Borromee del Lago Maggiore; peccato si trovino 150 km prima di Milano... Il treno ha circa un'ora di ritardo (in effetti mi sembrava fosse stato fermo un'eternità a Vallorbe in Svizzera: la sindrome del pendolare mi costringe a svegliarmi di soprassalto ogni qualvolta il treno si ferma). Arrivati a Milano questo ritardo ci costringe a prendere un più costoso Intercity Plus (quelli con la prenotazione da 1 euro obbligatoria, chi li ha inventati andrebbe fucilato) invece dell'interregionale che pensavo. A volte mi chiedo se lo facciano apposta, visto che il contrario non succede mai...
Sull'intercity (diretto a Nizza, e quindi pieno di gente che partiva, mentre noi tornavamo...) ci rendiamo conto di essere davvero tornati in Italia, quando una "signora bene" nel nostro compartimento, vistomi in difficoltà col pesante bagaglio, mi suggerisce in malo modo di metterlo sulle griglie sopra ai sedili, per poi ribattere altrettanto sgarbatamente alla mia risposta che il bagaglio era troppo pesante per essere sollevato (in verità ce ne eravamo già accorti in stazione, dove i pochissimi carrelli erano sparsi incurantemente in giro, dal momento che non adottavano il sistema della moneta). Arriviamo a Voghera (maledicendo le scale del sottopassaggio), il viaggio purtroppo è davvero finito; mi restano solo un magnifico ricordo (indipendentemente dalla birra...), una trentina di bottiglie e questo lunghissimo report: se, o lettore, sei riuscito a leggerlo tutto complimenti, hai perso del tempo, ma spero ti abbia fatto piacere e ti possa tornare utile per pianificare un futuro viaggio.


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